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CacioPepe, carbonara e genovese- Davide Scabin |
Ormai Identità Golose da tempo ci ha abituati ad imperdibili lezioni in cui la pasta è la grande protagonista.
Quest’anno ad Identità di Pasta si sono numerosi chef quali Carlo Cracco, Davide Scabin, Matteo Baronetto ed innumerevoli altri che hanno dato la loro proposta e visione di pasta.
La pasta racconta storie di cucina e di modi di approcciarsi ad essa; la pasta, però, può farsi essa stessa racconto comunicando un mondo, una storia.
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Aspic di pasta- Matteo Baronetto |
Nella proposta di Matteo Baronetto gli spaghetti, finiti con sugo di carne e peperoncino, sono racchiusi in un Aspic. La pasta, in questo caso, è utilizzata molto differentemente da come siamo abituati, diventa altro rispetto al nostro comune immaginario. Cotta ben più che a dente in modo che resti compatta, diventa un elemento di un piatto nuovo, forse più un antipasto che altro: è un ingrediente di una ricetta, al pari di tanti altri. La pasta racconta, qui, una ricerca su sé stessa, un nuovo modo di vederla e di approcciarsi ad essa.
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Spaghetti al tè verde matcha, wasabi e bottarga- Carlo Cracco |
La pasta può raccontare storie di contaminazione e di apertura verso altre realtà geografiche e culturali. Una delle proposte di Carlo Cracco porta lontano, in Oriente. Gli spaghetti sono abbinati al tè verde matcha, alla polvere di wasabi fresco disidratato ed a pepe sansho poco piccante ma ricco di molte note agrumate: questi ingredienti, legati dal burro, diventano una salsa verde usata per condirli. Questa pasta, finita con della bottarga fresca e polvere di tè maycha e wasabi «è un modo – ha spiegato Cracco – per avvicinarsi quanto più possibile all’idea nipponica della pasta e al desiderio di vederla condita con i loro ingredienti».
La pasta parla di innovazione: la conoscenza del prodotto e della sua tradizione porta a pensare ed a creare qualcosa di nuovo. Così è per Davide Scabin che ha proposto un piatto di pasta condito con un mix di tre sughi della tradizione: “Cacio&Pepe, Carbonara e Genovese”. I sughi sono essi stessi interpretazioni particolari: nel primo c’è l’aggiunta dei chiodi di garofano, nella carbonara l’uovo è cotto per più di un’ora a 62°C e condito con olio all’anice e sale grosso e la genovese è fatta con l’agnello.
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Spaghetti con agnello e cipolla glassata- Lucia Tellone |
La pasta ad Identità Golose 2017 era anche fuori dal palco e proprio lì, nel Bistrò Felicetti, un piatto ha attirato la mia attenzione. Qui la pasta è racconto e poesia di una terra nell’ultimo anno provata da varie vicissitudini ma che forte e fiera reagisce e combatte. Lucia Tellone con i suoi spaghetti parla proprio di questo: “La mia proposta è uno spaghetto bianco finito in padella con aglio, terminato con agnello essiccato e cipolla laccata al miele e limone. L’agnello essiccato era per i pastori abruzzesi l’alimento essenziale durante la transumanza: per la strada del tratturo non potevano permettersi di portare elementi che deprivano e quello era la loro fonte di nutrimento.
Io provengo da una famiglia di pastori: è importante tenere viva la memoria. La cipolla parla sia del mio territorio umbro che di quello toscano in cui lavoro ora.”
Per chiudere il cerchio su cosa è e può essere, su cosa racconta e fa raccontare la pasta bisogna tornare all’origine, alla suo essere grano, alla sua lavorazione, allo studio che necessità la produzione: Riccardo Felicetti, rappresentante dell’omonimo pastificio, è la persona che meglio può aiutare in questo.
“La pasta è la nostra vita, è la vita di quattro generazioni: dice di un coinvolgimento familiare lungo più di un secolo, dice la capacità dei nostri nonni e genitori di trasferirci l’orgoglio e la passione di fare qualcosa di bello e di buono, di rispettare sia la natura che i clienti. La pasta è tantissime cose ma soprattutto è senso di responsabilità quotidiana nel sapere che ogni giorno ci sono delle persone che in giro per il mondo mangiano i tuoi prodotti e tu sei responsabile della loro soddisfazione e della loro salute.
Pensando alla pasta la mente subito va all’idea di condivisione: la pasta unisce e non divide, la pasta è qualcosa che si mangia insieme e che presuppone un momento di convivialità.
La pasta è stato l’elemento che ha contraddistinto la mia vita da quando ero bambino, da quando andavo a giocare a nascondino dietro i sacchi della semola in pastificio a quando, un po’ più grande, durante l’estate andavo a rubare le conoscenze a papà e agli zii. E’ il motivo che mi ha portato a lasciare l’Italia per andare a lavorare all’estero, per imparare cosa significava vendere la pasta, è tutti i viaggi di conoscenza oggi mi hanno permesso di comprendere non solo il mercato ma anche di saper apprezzare la straordinarietà di questo prodotto per poi trasmetterla a chi la conosce poco.
La pasta negli ultimi anni è entrata nell’alta ristorazione, usata in svariati modi non del tutto consueti, manipolata: alll’inizio non era un fatto piacevole. Noi abbiamo lavorato per tanti anni per raggiungere risultati importati per quanto riguarda la tenuta di cottura, le forme, l’ergonomia del prodotto; vedere cuocere, stracuocere, frullare, rimpastare la pasta era un esercizio difficile da sostenere. Devo però dire che le provocazioni dei cuochi hanno dimostrato la sua enorme versatilità, il suo non essere solo un prodotto predefinito ma suscettibile di ulteriore lavorazione. Questo spalanca dei mondi che erano inesplorati: il fastidio iniziale si è trasformato in grande soddisfazione nel vedere cosa il nostro lavoro riesce a far ottenere. La condivisione e l’apertura di pensiero fra pastai e cuochi ha portato a far sì che molti chef abbiano abbandonato quel timore e diffidenza che c’era nei confronti della pasta secca nelle loro cucine. In un ristorante la pasta secca è un problema innanzitutto perché la percezione della
cottura è molto personale: la stessa pasta cotta al dente per una persona può essere scotta o cruda per un’altra; rifarla costa dei tempi che bloccano il servizio.
La pasta non comincia solo dall’impastatrice ma viene dalla terra, dalla semina, dalla specie varietale seminata, dall’impatto che quella specie ha con il terreno e dalla sua capacità di nutrirsi delle sostanze presenti nel terreno stesso e rilasciarle nella spiga. Questo è un lavoro che fanno gli agronomi e gli agricoltori e poi successivamente i mugniai: c’è una necessità profonda di condivisione fra tutti le professionalità che compongono la filiera perché soltanto attraverso questo si riescono a raggiungere risultati di eccellenza altrimenti si vende solo un prodotto.
Negli ultimi anni c’è stata una grande riscoperta di formati particolari, aziende piccole e medio piccole hanno deciso di investire molto in ricerca e tecnologia per rendere buoni e gradevoli al vasto pubblico formati che erano alchimie: paccheri, spaghetti dai diametri grossi, candele. La novità non necessariamente, però, deve essere un prodotto molto diverso dagli altri, novità deve essere un prodotto buono, sano e sicuro che forse è molto più tradizionale di altri: il futuro può essere il nostro passato.”
Credits per Cracco, Scabin e Baronetto: Brambilla-Serrani per Identità Golose
Credits Lucia Tellone: Lucia Tellone