Se una ragazza curiosa ama la cucina… Incontro con Lucia Tellone

Incontro Lucia Tellone  al Salon du Chocolat di Milano attraverso uno show cooking ed un riso cotto in brodo di Fave di tonka con bulbo di tulipano e cioccolato: conquistata dal risotto e dalla sua passione e positività, ho voluto conoscerla un po’ meglio una bella chiacchierata. A lei la parola…

Chi è Lucia Tellone?

 

Lucia Tellone
Lucia Tellone ritratta per la mostra ” Ambasciatori del gusto”
a cura di Giovanni Gastel e Carlo Cracco

Una ragazza curiosa, che non perde la sua voglia di sapere, che ha deciso di mettersi in gioco in cucina non dimenticandosi però le altre sue passioni ossia la scrittura, la lettura e la letteratura e cerca di portarle anche dentro la cucina che reputo veramente una forma d’arte. Quando vedo un piatto lo immagino come se fosse una tela bianca e come un pittore prende il pennello e la riempie, così faccio io. Il  piatto per me è come se fosse una tela: immagino i colori, gli ingredienti…  Sono una ragazza che ha una gran voglia di vivere, di conoscere e cerco di dimostrarlo anche nel mio lavoro: essendo un po’ una zingara di professione, cerco di non smettere mai di imparare anche attraverso le altre culture che sono abbastanza lontane dalla nostra dal punto di vista gastronomico e di tecniche di cucina.

Che cosa ti ha avvicinato alla cucina e quale è la tua formazione?

La mia formazione è abbastanza anomala rispetto agli altri cuochi. Da piccola ero sempre con le mani in pasta con mia mamma e con mia nonna e non avevo veramente paura di sporcarmi. Ho cominciato a lavorare per la prima volta in un ristorante un po’ per esigenza, per avere qualche soldo per una serata, per pagare un libro dell’università e questo l’ho fatto per sei anni mentre studiavo; poi mi sono detta “ ascolta quel che ti dice il cuore” e ho deciso che questa sarebbe diventata la mia professione. Ho iniziato  in alcuni ristoranti finché piano piano ho alzato un po’ il livello, mandando curriculum a ristoranti sempre più importanti, ricevendo tante volte anche risposte negative. La passione mi ha avvicinato alla cucina.

Tu sei una degli chef del progetto “Ambasciatori del Gusto” di Carlo Cracco: che cosa significa questo per te e in cosa consiste?

Lucia Tellone all'Ambasciata del Gusto
Lucia Tellone all’Ambasciata del Gusto (Foto: Carlo Fico)

L’anno scorso, verso marzo, quando mi è arrivata questa nomina da parte dello chef un po’ sono stata sorpresa e un po’, anzi tanto, sono stata contenta perché i sacrifici che ho fatto andando in giro per l’Italia e l’estero sono stati premiati e guardati da una persona  ben più importante di me. Quando ho visto le motivazioni che l’hanno portato a nominarmi mi sono sentita gratificata perché lui ha scelto ragazzi che hanno una predisposizione verso l’innovazione ma anche un radicamento al territorio. Questo io lo sento tanto mia questa cosa perché dovunque vado cerco di portare la mia terra, l’Abruzzo: basti pensare che la prima volta che sono salita in Ambasciata mi sono caricata sei chitarre in valigia e la chitarra è lo strumento tipico abruzzese che si usa per tagliare la pasta. E’ stato un progetto che ha messo insieme dodici  ragazzi completamente diversi che hanno portato nel loro piccolo, ma anche nel loro grande, il loro modo di vedere la cucina, dodici cucine completamente diverse. Dono stata veramente contenta di questa opportunità perché Cracco è stato l’unico chef che ha deciso di puntare sui ragazzi e nominarne dodici che comunque erano sconosciuti al momento è stato un bel gesto, un gesto che spero sia d’auspicio e di insegnamento anche agli altri grandi perché puntino sui giovani perché saranno loro  il futuro. Il progetto va avanti perché lo chef ha intenzione di aprire una sua scuola e il suo intento è quello di coinvolgerci all’interno con dei corsi specifici in modo che ognuno di noi porti la propria terra ed esperienza.

Hai lavorato tanto all’estero: che differenza c’è fra fare cucina in Italia e all’estero?

 

La differenza è importante, non abissale ma importante. All’estero a livello di ingredientistica sono molto poveri. Io sono stata in paesi del Nord Europa che sono i fornitori mondiali di pesce ed oltre a quello effettivamente non hanno granché.  Ho lavorato in ristoranti che sono fra i primi cinquanta nella classifica mondiale e questo fa capire che si può andare oltre l’ingrediente, si deve andare nell’utilizzo e nella tecnica: ho visto piatti fatti con nulla ma che avevano dei sapori spettacolari. La mia fortuna è stato il confronto con delle cucine diverse e più povere rispetto all’Italia. Quando sono tornata mi sono trovata forte di un’esperienza che mi ha fatto capire che si può cucinare più o meno con tutto: mi sono fatta, ad esempio, l’olio con le ghiande, con il pino, con il fieno…, cose che in Italia  non aveva fatto ancora nessuno. Oppure ho provato a cucinare con le radici perché sottoterra c’è un mondo veramente inesplorato; sono sapori forti e devi essere in grado di inglobarli, capirli e poi utilizzarli . All’estero c’è più studio degli ingredienti, c’è più voglia: basti pensare che il Noma – e siamo in Danimarca- oltre la cucina ha un laboratorio; avendo una forza che lavora non solo di cuochi ma anche di biologi si riesce a scomporre l’ingrediente e a conoscerlo a fondo in tutte le sue sfaccettature.

 

Quali sono le tre cose fondamentali per il tuo essere cuoca, per il tuo far cucina?

La-qui-la (pecora a bassa temperatura,
crumble di fieno, consummè di pecora,
crostini di pane di grano solina, verdure della Marsica)

Il prodotto è la cosa più importante; sapere chi lo produce e ascoltare tanto la natura: di certo nella mia futura cucina non troverai le fragole o le zucchine a gennaio. Ascoltare la natura è la cosa più bella, ogni stagione ci regala delle cose. Conoscere l’ingrediente ed il produttore fanno si che si conosca la provenienza, la terra che lo ha generato, l’attenzione che lo stesso produttore ci ha messo per farlo. Io sento molto la differenza fra ciò che è prodotto non basandosi sulla quantità ma sulla qualità e questo per un cuoco è importantissimo. Gli ingredienti cerco di lavorarli il meno possibile perché la natura ci offre delle forme che sono veramente spettacolari e non sono le forme che ci offre un taglio di carne o di pesce perché comunque a pesce e carne il taglio sei tu a darlo. Io passo delle ore a guardare le forme di una patata, una carota perché non riesci  spiegarti come una cosa che è un po’ aliena da noi che è la natura  riesce a creare delle forme così perfette e spettacolari. Io sono un po’ filosofica su queste cosa: gli ingredienti quando li hai in mano devi ascoltarli perché ti danno una vitalità, un’energia, ti raccontano un po’ loro  stessi perché un fiore lo vedi per quello che esce dalla terra ma pensa ad esempio il tarassaco di cui si può utilizzare la parte verde- la comune cicoria-  sia il fiore giallo con cui puoi fare una crema spettacolare; ma sotto terra c’è la radice che in farmacia viene utilizzata da secoli … bisogna allargare gli orizzonti.

Come nasce un tuo piatto?

 

Spaghetti di portulacca, nigela sativa,
bulbo di tulipano tosato, topinambur, l
ievito di birra e radice di sedano levistico

Un mio piatto nasce come quando uno scrittore deve scrivere qualcosa: si ha una fonte di ispirazione o si ha un lampo in un determinato momento. Ho fatto recentemente un  piatto di spaghetti alla portulacca: avevo raccolto la portulacca e quando sono andata per cucinarla ho visto che aveva perso gran parte delle foglioline intorno, mi erano rimasti come degli spaghetti spogli e mi son detta “ da qua bisogna farci un piatto perché comunque sono degli spaghetti non spaghetti.” La gran parte delle ispirazioni vengono dalla natura e dal passato che ho avuto. Fin da piccolina andavo al pascolo con mio nonno e lì riuscivo a capire come funzionava la natura: non  ci portavamo dietro la merenda, si raccoglieva le more dal rovo, le pere dall’albero e quella era la merenda. Da grande queste cose le ho a disposizione e posso portare dei ricordi nel piatto e questa è una cosa fantastica.

 

 

Dall’amore per un ingrediente può nascere un piatto?

Si, io ad esempio adoro la polenta, però è sciocco e riduttivo  utilizzarla soltanto per fare “la polenta” in quanto tale, ci si possono fare dolci …. e quant’altro. Un ingrediente può aprirti tanti mondi: rimanere fine a se stesso è una cosa sbagliata negli ingredienti come nella vita. L’abitudinarietà non penso sia una  cosa buona: prendere, sperimentare, provare e osare è la cosa migliore. Al Salon du Chocolat a Milano ho presentato un piatto che si chiamava Ciocc-osà: ho osato e ora son qui a parlare con te perché l’hai notato. Se non avessi osato… chissà ?

Quali sono i punti principali della tua cucina e che cosa cerchi di trasmettere?

La sobrietà, il radicamento al territorio che è un orgoglio e  l’amore, soprattutto l’amore.

 

Nella tua cucina quanto è importante tradizione e quanto innovazione?

 

Io credo che senza la tradizione non possa esserci l’innovazione perché si deve sempre partire dalla base per costruire qualsiasi cosa, senza le fondamenta una casa non si può costruire. Tutti nel nostro piccolo ci basiamo sulla tradizione che può essere non soltanto quella del territorio ma anche quella dei piatti che ci venivano proposti a casa: la prima cuoca è la mamma e quei sapori che ci ha regalato da piccoli ci accompagnano durante il percorso della vita. L’innovazione come importanza va di pari passo perché ogni ingrediente fondamentale  del nostro passato possiamo riproporlo e ristudiarlo nel presente magari dandogli una spinta ed arrivando ad una proposta completamente diversa.

La contaminazione fra la cucina italiana e le altre c’è nella tua cucina e se si quanto è importante?

Per forza di cose c’è, ogni volta che mi sposto imparo qualche cosa di diverso. Ma non solo: a me piace andare anche in Italia nei negozi tipici di altre nazioni per conoscere e provare ciò che offrono. La contaminazione è una cosa importante in quanto proporre dei piatti con ingredienti un po’ lontani dal nostro paese è molto bello ed anche stimolante. Siamo poi un paese che per forza di cose ha allargato le porte ad altre culture e questo può soltanto fortificare e farci aprire gli orizzonti.

Come vedi la cucina italiana e i giovani chef che si stanno affacciando?

Per noi giovani la vedo tanto dura, pochi ci ascoltano a livello di poter dire la nostra. Io avuto la fortuna qualche anno fa di creare una pagina Facebook in cui cerco di non proporre solo piatti di chef famosi ma di far vedere anche quelli dei piccoli e giovani: è importante avere chi ci da fiducia e io lo so benissimo perché quando sono partita, a parte una persona che mi ha dato la spinta, non c’era nessuno che me la dava. Per i ragazzi è difficile venir fuori soprattutto in Italia: la cucina è un po’ lo specchio dello stato italiano ed è difficile andare a scardinare persone che si sono affermate da tanto tempo e riuscire  poter dire la propria.

Che domanda avresti voluto che ti facessi e non ti ho fatto?

 

Una domanda sul mio futuro…

Io quando sono partita avevo degli obiettivi ben fissi: riuscire a farmi valere e conoscere nel mio piccolo. Raggiunti più o meno questi obiettivi, bisogna alzare sempre l’asticella perché altrimenti si rimane nello stato attuale.  Ho tanti altri obiettivi da fermare e da raggiungere: avere un ristorante mio, magari non a livello economico, ma in cui riuscire a dire la mia attraverso la mia cucina, avere dei riconoscimenti e poi non accontentarsi mai e questa è una cosa che mi ripeto sia nella vita che nel lavoro: se nel lavoro mi fossi accontentata non avrei ad esempio scoperto certi ingredienti, sarei rimasta nell’ingredientistica semplice tranquilla, non avrei fatto certe esperienze….

Saluto Lucia parlando del futuro…

E se, come sono convinta, uno chef è grande quando testa e cuore in sinergia “guidano” le mani, allora Lucia Tellone è e sarà una grande Chef.

Se volete sapere di più del piatto La-Qui-la vi invito a leggere l’articolo con  cui Chef Lucia Tellone ha contribuito al Calendario Italiano del Cibo – Aifb- in occasione della settimana del campanile

http://www.aifb.it/notizie/le-opere-e-i-giorni-lucia-tellone/

Le opere e i giorni : Lucia Tellone

 

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