Sapore di latte, profumo di caffè, pace di pievi ed abbazie: una domenica di blog tour nella marca trevigiana

“… paesaggi emotivi,tracciati da incontri,sensazioni, gusti e profumi…il viaggio autenticoche vi fa sentire vivi.”

Comincia così il mio racconto di un fine settimana nella marca trevigiana, di un bellissimo blog tour – organizzato da AIFB in collaborazione con il Consorzio di Promozione Turistica Marca Treviso-  che insieme ad amiche-compagne di viaggio, anch’esse blogger, mi ha portato alla scoperta di questa zona d’Italia finora, ammetto, a me sconosciuta.

Seguendo il tema del colore bianco siamo andate alla scoperta di farine antiche, latte e formaggi dal sapore della tradizione, tazze di caffè in porcellana, abbazie ricche di storia, gessi del Canova …. . Ogni incontro ci ha lasciato qualcosa di speciale ed unico in modo diverso, ovviamente, ma tutto ha contribuito a rendere l’atmosfera e la realtà di questo luogo d’Italia che tanto ha da dare, da raccontare e che è importante valorizzare. La natura è imponente con i suo verde di mille sfumature, le sue vigne a perdita d’occhio, le bellezze artistiche si stagliano ma al contempo si integrano nel paesaggio donandogli un sapore caldo ed antico, le aziende a carattere familiare,  partendo dai prodotti locali, restituiscono sapori autentici.

Nel mio viaggio-racconto di quanto visto e vissuto andrò a ritroso, partirò dalla fine per poi risalire nei ricordi.

Le parole con cui ho iniziato non sono un caso: le ho trovate su un opuscolo  della Latteria Perenzin, l’ultima tappa del nostro blog tour. La Latteria Perenzin da quattro generazioni si dedica alla produzione di formaggi quasi esclusivamente bio con somma attenzione a qualità ed innovazione. Da qualche tempo sta portando avanti un concetto un po’ nuovo in questo settore;  accanto alla produzione vera e propria di formaggi, infatti, ha altre due “ anime”: l’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia che attraverso corsi per amatori e professionisti divulga tecnologia e pratica casearia ed il cheese bar Per Perenzin, un luogo accogliente, elegante ma al contempo semplice ove gustare i formaggi in piatti di alta cucina. Io adoro i formaggi, il loro profumo, la loro magia per cui il  semplice latte in modo  naturale si trasforma in mille e mille forme e gusti diversi, il loro gusto sfaccettato ed infinito nella varietà: mi sono ripromessa di proporvi prima o poi i piatti che ci sono stati proposti… spero di mantenere la mia promessa … nel caso ricordatemelo: per ora ci sono le foto.

Così, andando a ritroso, eccoci arrivare in Dersut, a Conegliano, storica azienda di torrefazione di caffè. La nostra visita comincia con una fresca e buona  Dersutcrim, una morbida e golosissima crema fredda di caffè, per poi proseguire a scoprire i segreti di questa magica bevanda nel Museo del caffè Dersut. Quando beviamo la nostra tazzina di caffè difficilmente pensiamo a quanto sia lungo il percorso per arrivare ad essa, a quanti passaggi, a quante operazioni e scelte fanno si che il nostro caffè sia più o meno buono.
Si parte dalla coltivazione, per passare alla raccolta ancora quasi manuale, alla spedizione, alla tostatura. Questa  è un momento fondamentale: infatti ogni tipo di caffè ha la sua temperatura ideale per essere tostato; la conoscenza del prodotto è quindi fondamentale. Il caffè, dopo essere passato in vasconi di raffreddamento, viene miscelato: diversi tipi di caffè vengono uniti insieme per creare il gusto desiderato. Ed infine, dopo un  periodo di riposo, la miscela viene confezionata. In Dersut sono molto attenti a questi diversi passaggi proprio per ottenere un prodotto di qualità, buono, ben fatto e con un gusto costante nel tempo: il segreto sta nella conoscenza della materia prima e nel rispetto dei tempi di lavorazione.

Ma non solo i passaggi che abbiamo visto fin qui sono importanti per un buon caffè. La nostra  guida al museo ci ha parlato delle quattro M che rendono buono un caffè: miscela, macinatura, macchina e mano. Ricordo il profumo del caffè appena macinato che andavo a prendere in torrefazione con mia nonna. Tornavamo a casa con un sacchettino profumatissimo: a me piaceva aprirlo ed odorate quel profumo fantastico ed inebriante. La macchina con cui si fa il caffè è fondamentale, come anche la mano che lo fa: quante volte pur andando nello  stesso bar avrete notato che il caffè non lo stesso se ve lo prepara un barista od un altro! Un semplice caffè racchiude un infinito numero di passaggi e di sfumature che lo arricchiscono di sapore e, perché no, di significato.

Nel museo Dersut abbiamo visto macchine per la tostatura, macinini, macchine per il caffè da bar sempre più moderne …. E tazzine di ogni tipo. Ricordate: la miglior tazzina in  cui gustare un caffè è la classica di ceramica a forma come di uovo: la cremina del caffè, infatti, in questa particolare forma riesce a risalire bene in superficie senza rompersi e rimane non solo esteticamente più bella, ma anche si lascia gustare nella sua interezza .A questo punto del racconto … vi sconsiglio un bel caffè prima si proseguire con me nella scoperta di alcune bellezze architettoniche e storiche della marca 🙂

La mattina era cominciata con una bella e sana colazione e poi via alla scoperta delle bellezze storiche ed architettoniche del territorio: la Pieve di San Pietro di Feletto e l’Abbazia di Santa Maria in Follina. Tradendo un pochino il viaggio a ritroso, vi parlerò e mostrerò per prima la Pieve, splendida opera di epoca longobarda, eretta intorno all’anno mille. L’esterno presenta un ampio porticato, che con tutta probabilità aveva anche la funzione di garantire sicuro riparo ai popolani durante lo svolgimento di adunanze di carattere sociale, politico ed economico. Il campanile, che svetta isolato, con cuspide del XVI° secolo, è in stile romanico. La Pieve è preceduta da una scalinata del XIX° secolo.

Fra i numerosi affreschi che decorano il porticato cattura l’attenzione il celebre “Cristo della domenica” offeso dai lavori compiuti nel giorno di festa cristiano. Il monito di questo affresco è chiaro: di domenica non si lavora. Chi lavora nel giorno del Signore fa soffrire il Cristo che, colpito dagli attrezzi di lavoro, versa sangue dalle ferite. Il dipinto è interessante anche per il fatto che ci mostra gli strumenti ed i tipi di lavoro delle genti delle colline Felettane.

Un buon caffè e via verso Santa Maria in Follina. Sarà per il mio amore per i chiostri, sarà per i colori caldi del suo interno… quest’abbazia mi è sembrata proprio un posto di magica quiete e bellezza.  Eretta su una precedente edificazione benedettina nel XII sec., rivista in epoca cistercense, l’attuale basilica presenta la tipica costruzione a pianta latina con la facciata rivolta a ponente e l’abside rivolta a levante, come prevedeva la simbologia cistercense.

All’interno della basilica tre sono le opere da segnalare per importanza e bellezza: la grande ancona lignea di stile neogotico costruita da maestranze veneziane nel 1921, copia perfetta dell’originale ancona presente alla chiesa di S. Zaccaria di Venezia. Essa accoglie la statua in arenaria della Madonna del Sacro Calice che qualcuno ipotizza di origina nubiana del VI sec. , da sempre oggetto di venerazione e pellegrinaggio da parte dei follinesi e dalle migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia; l’affresco “Madonna con Bambino e Santi” del 1527 di Francesco da Milano; un notevole crocefisso ligneo di età barocca (epoca camaldolese) di autore sconosciuto. L’atmosfera ed i colori caldi, la luce che filtra dalle belle vetrate rendono molto particolare e suggestiva tutta l’ambientazione.

Ma soprattutto il chiostro ha  catturato la mia attenzione. Di  età precedente alla basilica, fu portato a termine nel 1268, quando i monaci cistercensi si insediarono nel monastero, come dimostra l’incisione su pietra posta sulla parte nord del chiostro stesso. E’ perfettamente conservato,  ricco di eleganti colonne che creano un pregevole effetto di movimento.. L’architettura dello stesso è varia:

le  colonnine sono singole, ofitiche, binarie e, agli angoli, a fasci di quattro.  Differenti sono anche   i fusti (tortili, liscati, lisci, ondulati, papiriformi o con decorazione a fiore di loto) ed i capitelli (ora geometrici, ora naturalistici, ora simbolici): un capitello è particolarmente interessante, presentando quasi un’agenda della giornata dei monaci con riassunte le varie attività della giornata che inizia con la sveglia al canto del gallo.

Si conclude qui il racconto della terza intensa giornata nella marca trevigiana: vi lascio con un simpatico selfie -ebbene si, abbiamo ceduto- di tutte noi: presto tornerò a raccontarvi quanto visto, assaggiato e sperimentato in questo bellissimo angolo d’Italia e sarà al volta della seconda giornata che iniziò alle 5 di mattina: si avete letto bene alle 5 di mattina e scoprirete il perché.

Foto di Cristina Annatelli -Khitchencri
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2 Comments

  1. Silvia Leoncini
    Settembre 23, 2015 / 7:41 am

    Riassumo cosi' il tuo bellissimo racconto: ma perche' accidenti non mi sono iscritta a questo tour?:D

    • laura bertolini
      Settembre 23, 2015 / 8:11 am

      Al prossimo… ti obbligo 🙂 ciao Silvia!

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