Dall’alba al tramonto. Una giornata di blog tour fra colori, sapori, profumi ed incanti della MarcaTrevigiana

Ed eccoci al secondo giorno di blog tour nella marca trevigiana ( chi si fosse perso il primo racconto relativo, bada  bene al terzo giorno, può leggerlo Qui).

La mattina inizia alle 5: si avete capito bene! Sveglia ancor prima dell’alba, perché l’alba la vogliamo vedere sulla strada verso Malga Molvine Binot, la prima meta della nostra fantastica e ricca giornata. In malga ci aspettano le mucche da mungere, il formaggio da preparare, la colazione da gustare, le erbe spontanee da conoscere ed infine il pranzo corroborante a base di polenta e formaggio cotto. Ma andiamo per ordine. Arriviamo alla malga che il sole è appena salito; guardando a valle tutto è avvolto da una tenue foschia che rende paesaggio ed atmosfera ancora più affascinante: lo guardo ammirata, così come tutta la malga nella sua semplice bellezza. Sono i dettagli che fanno la differenza: le pietre che in alcuni punti della casa sono evidenti, i fiori alle finestre, le persone bellissime di legno…

Poco più in là le mucche attendono di essere munte e noi non le facciamo attendere: ci avviciniamo a  loro ed assistiamo a questo momento della giornata in malga. E dopo una sana ed, abbondante colazione a base di caffè bollente, latte, ricotta, marmellata, pane e  torta tutto rigorosamente fatti  in casa, passiamo ad assistere alle varie fasi di preparazione dei formaggi.

Sono sempre affascinata da questo processo: da come il semplice latte in modo del tutto naturale si trasformi e dia vita a prodotti strepitosi, ciascuno col suo gusto particolare e tipico. I formaggi che si fanno in malga sono parecchi, da quelli freschi come la ricotta, lo s-cech ed lo schiz- a quelli stagionati: ne ho assaggiati diversi e devo dire che la  mia preferenza, la medaglia d’oro, va ad una meravigliosa ricotta affumicata sul fuoco vivo del camino. Tutto il sapore ed il profumo della montagna è racchiuso qui.

Dopo aver conosciuto il sindaco del luogo ed alcuni rappresentanti delle istituzioni locali che ci ricordano quanto sia importante valorizzare il territorio, la cultura, l’operosità e l’ingegno della popolazione locale, proseguiamo la nostra mattinata in malga con una bella passeggiata alla scoperta delle erbe spontanee guidate dal professor Silvano Rodato Tantissime erbe commestibili e ricche si proprietà già le conoscevamo o meglio, le avevamo sempre viste nei prati, ma di pochissime sapevamo caratteristiche e proprietà: la natura è veramente ricca e sorprendente.

Passeggiare è piacevole, il panorama tutto intorno bellissimo, il silenzio rotto solo dai campanacci delle mucche. Dopo aver “scovato” e raccolto per il nostro erbario una decina  di erbe, ci concediamo una pausa per ammirare la bellezza del luogo: i miei occhi si soffermano prima su un sentiero in mezzo la prato: ripenso a ciò che mi sta a cuore, a ciò in cui credo, a ciò che ho, a ciò che sogno… La vita è un sentiero da percorrere a volte pianeggiante, a volte in salita, sempre avanti, lentamente o di corsa a secondo dei momenti, di cui si intravede il corso ma non la meta … questo il suo fascino, la sua bellezza e anche la sua difficoltà. Mi sdraio, guardo il cielo azzurro illuminato dal sole: quanta forza, calore, ottimismo riescono a trasmettere!

Torniamo in malga per un casalingo, genuino e delizioso pranzo a base di salumi e formaggi,  polenta e  torta al limone  e mandorle. Corroborate, possiamo riprendere il nostro viaggio alla scoperta di luoghi, tradizioni e prodotti.

La nostra prossima meta è la Gipsoteca di Canova a Possano. Qui, oltre ad essere la casa natale dello scultore, sono raccolti innumerevoli gessi delle sue statue. E se il bianco era il tema dominante del nostro  blog tour, in nessun luogo come in questo, il bianco è stato il protagonista assoluto.

Una guida d’eccezione -il professor Giancarlo Cunial- ci fa da Cicerone: percorriamo le sale del museo mentre ci viene  raccontato come il Canova realizzasse  le  sue opere. Di solito l’artista procedeva rispettando quattro fasi: dapprima il disegno, poi il bozzetto in terra (cotta o cruda) o in cera così da poter avere subito un’idea di come potesse realizzarsi l’opera. Procedeva con il gesso che veniva colato su un modello a misura, in argilla tenera. Nel gesso venivano inseriti dei chiodini- repere-, poi con un apposito compasso, appoggiato sui puntini, venivano portate dal gesso le misure esatte del modello. Infine si passava al marmo vero e proprio: questa era l’ultima parte della lavorazione per la quale si avvaleva dell’aiuto di numerosi allievi che rigorosamente seguivano le sue indicazioni. La gipsoteca, seppur non contenga i marmi, ma solo i gessi delle statue, è di grande impatto emotivo: non vi nego che tutte siamo rimaste incantate, quasi commosse davanti a tanta perfezione, bellezza, sensibilità, delicatezza e al contempo possenza .

Fino al 26 febbraio 2016 nei locali adiacenti al Museo vi è la mostra “Antonio Canova, l’arte violata nella grande guerra”. Tre sono i filoni di questa mostra davvero toccante: il primo è una raccolta di istantanee che risalgono al periodo post bombardamento e ritraggono le opere subito dopo la devastazione.
“Tale è la forza rievocativa di quelle piccole istantanee che alcune di esse sono diventate icona dei danni che le guerre arrecano, in ogni tempo, al patrimonio artistico. Gli squarci sul busto di Napoleone o Paolina decapitata hanno la forza che, nelle guerre di oggi, posseggono le immagini dei saccheggi e delle distruzioni di Hatra o di Nimrud, in Irak, o dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan.”
Ci sono poi, appunto, alcune delle opere danneggiate  ed infine alcune fotografie di da grandi fotografi che immortalano e reinterpretano  alcune opere danneggiate .  Come nel museo vero e proprio anche qui tutta la grandiosità e la bellezza dell’opera di Canova si manifesta ed è resa ancor più intensa e ricca di spessore dal vedere quanto danno può fare e fa la guerra. Le mutilazioni alle opere come simbolo delle  mutilazioni della guerra all’umanità.

Dopo tanta bellezza di natura e di arte giunge il momento di ritemprare il fisico e per delle foodblogger significa…. gustare ciò che di buono di dà la terra sapientemente  lavorata dall’uomo.

Eccoci allora alla volta della tenuta Loredan Gasparin a Venegazzù. I vigneti dell’Azienda agricola si estendono per 60 ettari in una zona storicamente vocata alla produzione di vini di pregio. L’azienda fu fondata negli anni 30 dal conte Pietro Loredan e attualmente è di proprietà e gestione di Giancarlo Palla. E proprio lui ci accoglie sulla soglia di questo meraviglioso luogo: ci introduce nei locali dell’azienda raccontandoci come il  fiore  all’occhiello della loro produzione  siano  i suoi taglia  ( cabernet, Sauvignon, merlot, cabernet gìfranc e malbee) che, nel tempo, sono diventati veri e proprio simboli dell’enologia internazionale.

Fra le vigne dell’azienda una merita una particolare menzione ed è quella che conserva viti che risalgono a 70 anni fa e che ancora producono uva di qualità eccelsa tanto da dare origine ad un vino dal sapore intenso ed unico quale il  Capo di Stato: noi, curiosissime, l’abbiamo visitata a tarda serata quando ormai era tutta avvolta nel buio, con la luce di cellulari e tablet ci siamo fatte strada per vedere queste incredibili viti con i loro bei grappoli.
La nostra visita ha avuto la sua parte centrale, dopo aver ammirato la  cantina, nella degustazione di tre fantastici vini: un Asolo Docg Prosecco Superiore, un Cuvée Indigene ed infine Vigna Monti., tre vini. Ognuno, grazie alle proprie caratteristiche,unico, particolare e fantastico.

Ma la nostra degustazione non è finita in azienda ma è proseguita con grande piacere all’agriturismo La Paterna di Giavera del Montello dove abbiamo cenato.

Essendo un agriturismo ci aspettavamo la classica cena a base di piatti della tradizione,  quasi casalinghi e invece lo chef ci ha spiazzato preparandoci un menù – seguendo il tema del nostro blog tour ossia il bianco- assolutamente gourmet come è stile di questo ristorante.  Felicemente sorprese ,abbiamo iniziato la nostra cena con un entrée  “lumache, ortiche e nocciolo sotto una nuvola di aglio bianco”: il mio “battesimo della lumaca” non poteva andar meglio; vinta l’iniziale ritrosia, ho iniziato ad apprezzare anche questo ingrediente. Siamo poi passati ad un  “sushi a Venezia con riso candido in agrodolce, fagianella in saor e alga nori” davvero eccellente, per arrivare al piatto che ho preferito in assoluto “riso bianco al  brodo di pino mugo con morlacco insabbiato e carne secca”: il profumo ed il sapore di questo riso sono ancora ben vividi nella memoria per quel sentore di pino mugo  così particolare, corposo ma non invadente che fa di questo piatto una particolarissima bontà.

Nel corso della cena abbiamo assaggiato, fra gli altri, il famoso e pregiato Capo di Stato, un vino estremamente ricco e particolare.
La nostra giornata, prima del rientro al Relais le Betulle a Conegliano, si è chiusa in dolcezza con un ottimo  “bianco mangiare alle mandorle armelline e albicocca”.

Al racconto dei tre giorni di blog tour nella marca trevigiana non manca che il resoconto della prima giornata: vi lascio prender fiato, appuntare tutti i luoghi da visitare e i sapori da provare prendendo spunto da quanto vi ho descritto. Mi congedo, per ora, con questo selfie di blogger in vigna.

Share:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *